Gli interventi effettuati nel corso di circa 18 anni da parte della Fondazione Butterfly onlus in terra di Etiopia sono nati dalla consapevolezza delle gravi conseguenze che porta il mancato accesso all'acqua potabile, sia in termini di condizioni igienico sanitarie che di esposizione a carestie ricorrenti.
L’Etiopia è la quinta nazione al mondo con la più elevata percentuale di decessi legati all’assunzione di acqua non potabile, dopo Chad, Niger, Madagascar e Sud Sudan. Nel 2017, più di 60 mila persone sono decedute, a causa di malattie, quali colera o diarrea, legate all’approvvigionamento di acqua non potabile ed è stato riscontrato che per il 15%, si trattava di bambini di età inferiore ai cinque anni.
La Fondazione Butterfly è attiva principalmente nel nord del Paese, nella regione del Tigray, ai confini con l’Eritrea; regione particolarmente soggetta al lunghi periodi di siccità, dove vivono oltre sei milioni di persone che sopravvivono tramite agricoltura di sussistenza.
Secondo i dati di AQUASTAT, solo 40% della superficie coltivata in Etiopia è attrezzata per l’irrigazione, mentre il rimanente 60% è interamente dipendente dalle condizioni atmosferiche e dal lavoro delle famiglie nei campi, con risultati molto spesso catastrofici. In questo contesto di limitato accesso all’acqua, le donne le portatrici di acqua, ricoprono un ruolo vitale essendo quotidianamente costrette a camminare per molte ore, alla ricerca di acqua spesso non potabile, per riempire consumate taniche gialle di plastica (Jerry can). Questa pratica fa in ogni caso parte della tradizione locale che assegna appunto alle donne la responsabilità totale della conduzione della famiglia, mentre gli uomini sono impegnati nella coltivazione.
La realizzazione di pozzi di acqua potabile è fondamentale anche per i bambini costretti a raggiungere scuole molto spesso lontane dalle proprie case. La gestione dei pozzi viene normalmente sostenuta finanziariamente dalle comunità locali attraverso il lavoro dei Comitati di Villaggio, (WATSAN) che utilizzano un sistema di “costrecovery” attraverso la riscossione di piccole somme impiegate per la manutenzione dei pozzi. Il contribuire alla realizzazione di strutture per l’accesso all’acqua ha quale effetto secondario, quello di limitare importanti movimenti migratori: molti etiopi, sono infatti costretti a lasciare le proprie famiglie in cerca di opportunità nella capitale o all’estero.